Musica e colori = pittura
Abbiamo pensato di iniziare un nuovo anno scolastico, coi colori legati alla musica; siamo nel campo della sinestesia? Senz’altro, la materia è davvero molto affascinante: i brani percepiti come più allegri e vivaci sono associati a colori brillanti e luminosi, mentre le melodie a carattere maggiormente meditativo e malinconico sono spesso collegate a colori grigi o appartenenti a tonalità più fredde e spente.
Sinestesia: associazione tra parole pertinenti a due aree espressive differenti
Addirittura, c’è chi guardano un colore sente un profumo e viceversa. Insomma, il tema è infinito e andrebbe indagato in ogni dove; oggi però vorremmo scoprire quale musica ascoltasse il pittore russo, padre dell’astrattismo Wassily Kandiskij (1866-1944) perché in questo artista c’è moltissimo della commistione tra i sensi e le arti. I suoi quadri astratti sono colmi di tonalità di diversi colori e si può anche scorgere qualche strumento musicale, tra i suoi giochi pittorici.
Come ci racconta il sito “l’Aula di lettere”
“Nella sua produzione pittorica Kandinskij fu influenzato dalla musica di diversi compositori, per primo da quella di Richard Wagner e soprattutto dalla sua opera intitolata Lohengrin, che spinse il pittore russo ad abbandonare la carriera accademica in giurisprudenza per dedicarsi interamente all’arte. Nello scritto “Sguardo al passato” racconta, infatti, che nel 1896, ascoltando il Lohengrin di Wagner al Teatro Bolscioi ebbe l’impressione di vedere Mosca “dipinta musicalmente”.
Dissonanza nell’arte
“Mi sembrava di avere davanti agli occhi tutti i miei colori. – scrive – Davanti a me si formavano linee disordinate, quasi assurde”. Ma se a Wagner si devono le sue intuizioni iniziali e la sua comprensione del valore musicale del colore e dell’importanza del rapporto fra musica e pittura, ancor più fondamentale per la formazione artistica di Kandinskij fu l’amicizia con il compositore viennese Arnold Schönberg, con il quale condivideva la ricerca per la “dissonanza nell’arte”: “la dissonanza pittorica e musicale di oggi non è altro che la consonanza di domani”. Il primo “incontro” fra i due ebbe luogo a Monaco di Baviera, il 2 gennaio del 1911 ad un concerto del compositore austriaco.
Arte e musica
In seguito a quell’ascolto nacque un dipinto destinato a diventare uno dei suoi più celebri capolavori, Impressione III: Concerto.
Triangolo nero, sfondo giallo e forme colorate
Il dipinto è dominato da un grande triangolo nero che rappresenta molto probabilmente il pianoforte e si inserisce tra uno sfondo giallo e una serie di forme colorate. La grande massa gialla sembra essere il suono vitale della composizione che investe il pubblico e lo accende di energia. La prima lettera di Kandinskij a Schönberg è datata 18 gennaio 1911.
In essa, il pittore comunica al compositore quanto avessero in comune, perché Schönberg, a detta di Kandinskij, era riuscito a ottenere, in musica, ciò che l’artista russo intendeva raggiungere in pittura. Schönberg, con la sua atonalità, aveva sovvertito le regole della musica classica con il dichiarato intento di fare drizzare i capelli agli spettatori, tanto la libera espressione dell’inconscio era diretta e immediata. (da L’Aula di lettere)
Liberare l’arte dalla realtà
Ispirato dalle ricerche di Schönberg, Kandinskij fu il primo artista a liberare l’arte dalla realtà: per la prima volta l’opera non doveva e non voleva rappresentare elementi tratti dal mondo che ci circonda ma raccontare l’inconscio. Era l’inizio dell’arte astratta e l’opera che sancisce questa nascita si intitola Figura con cerchio: Kandinskij la dipinge nel 1911.
Come lo stesso artista afferma nei suoi saggi: “l’opera d’arte ha il compito di stimolare lo spettatore in maniera semplice e universale. I colori nascondono suoni, movimenti, odori e sapori che chiunque può percepire.” Con i suoi quadri Kandinskij comunica dunque combinando le tonalità per creare messaggi ben precisi, movimenti codificati, profumi riconoscibili. Opere come Giallo, rosso, blu, Composizione VI, Composizione VII, Composizione VIII, Impressione III e Paesaggio con macchie rosse II veicolano dunque sensazioni scritte in un linguaggio ancestrale che è possibile decodificare solo se le si approccia nel modo più naturale possibile: senza pregiudizi, senza ricercare forme conosciute, ma mettendosi in ascolto e lasciandosi stupire.